Spesso la gente, e purtroppo anche molti medici, confondono tra loro queste figure professionali. Cerchiamo allora di fare un po’ di chiarezza.

lo psichiatra è un medico che cura i disturbi della mente e quelli psichici. Lo psichiatra però li cura con un approccio medico, in senso sintomatico, vale a dire corregge con i farmaci i sintomi senza preoccuparsi tanto di capire come e perché esistono, o meglio dandone una spiegazione e una interpretazione chimica, vale a dire ancora una volta organica. Il cervello, per la psichiatria tradizionale, se pure non è malato come organo, è però alterato nelle sue funzioni e nella sua chimica e quindi lo psichiatra somministra sostanze chimiche, i farmaci, con l’intento di correggere la chimica del cervello. Il punto è che se la chimica è alterata lo è per delle ragioni che non sono nella chimica stessa, ma altrove, come per esempio nel modo attraverso cui il paziente vive la sua vita, le sue relazioni e nel modo con cui le interiorizza e le ricorda. Tanto per capirci, anche chi è innamorato presenta delle alterazioni chimiche del cervello in quel momento, come le presenta chi per esempio è triste e depresso perché ha perso una persona cara. Nessuno direbbe però che la perdita debba essere risolta mediante la somministrazione di un farmaco; con il farmaco si può migliorare la depressione, non elaborare la perdita.

 

Lo psicologo invece non è un medico, è laureato in psicologia, ed è quel professionista che si occupa del funzionamento della psiche in generale, esplora ed esamina per esempio le capacità intellettive, le funzioni cognitive, studia le emozioni, le influenze degli stati d’animo sul pensiero, anche le capacità di affrontare situazioni difficili o di risolvere problemi. Studia aspetti umani importanti, come ad esempio la capacità di un soggetto di avere fiducia o i cosiddetti livelli di autostima. Dispone anche di tutta una serie di tests che lo aiutano appunto ad esplorare meglio (molte volte il solo colloquio anche ripetuto nel tempo non basta) tutte queste funzioni e anche gli stati inconsci della mente. Pratica cioè la cosiddetta psicodiagnostica. Ma la sua attività non si limita solo alla valutazione e alle diagnosi psichiche: lo psicologo può anche aiutare il cliente a migliorare le funzioni che esplora e dunque in un certo senso può aiutarlo ad essere più efficace, più produttivo e più capace nella vita e nelle proprie cose, e dunque anche a vivere meglio. Lo psicologo inoltre, se ha integrato la sua competenza con un’adeguata e specifica formazione, può esercitare legittimamente anche la psicoterapia secondo l’orientamento in cui si è formato e anche la psicoanalisi (che è una forma di psicoterapia) se si è adeguatamente formato in questo senso. In ogni caso però, per esercitare la psicoterapia, deve essere iscritto non solo nell’albo degli psicologi, ma anche in quello degli psicoterapeuti.

 

Lo psicoterapeuta è chi, medico, psichiatra o psicologo, abbia affrontato un ulteriore percorso di studi e formativo -che in Italia è per lo più affidato a Istituti privati di formazione purché qualificati e accreditati dal Ministero dell’Università (MIUR)- che lo abbiano messo nelle condizioni di curare correttamente chi soffre di disturbi psichici, seguendo l’orientamento per cui si è formato. Il termine psicoterapeuta è infatti un po’ generico perché comprende figure di psicoterapeuti che seguono metodi di cura diversi. Per esempio, e solo per citare le figure più diffuse, esiste lo psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, lo psicoterapeuta della famiglia (relazionale) e lo psicoanalista (perché anche la psicoanalisi è una psicoterapia). Le figure sono diverse perché affrontano problemi diversi e in modo diverso.

Lo strumento principale è il colloquio psicologico il cui obiettivo è favorire la creazione di nuove letture della propria vita e possibilità di cambiamento. Le domande giuste al momento giusto possono attivare nuove risorse nella persona. Risulta comunque difficile descrivere cosa succede realmente dallo Psicologo per la variabilità delle situazioni e per l’intensità emotiva, lo si capisce solo provandolo di persona.

Nei primi colloqui, in genere due o tre, viene definito e parzialmente riformulato l’obiettivo che la persona intende raggiungere attraverso il percorso psicologico che decide di intraprendere. Talvolta una parte consistente del percorso iniziale consiste proprio nella ridefinizione dell’obiettivo personale da iniziale constatazione di disagio vissuto come connesso a determinate situazioni esterne a meccanismi interni che sostengono la sofferenza. I meccanismi interni impliciti, appresi nel corso della propria storia di vita, durante l’intervento possono diventare consapevoli attraverso la relazione, le narrazioni e le strategie utilizzate e consentire cambiamenti a livello cognitivo, emotivo e comportamentale che avranno in particolare effetti sulla percezione di disagio emotivo e sulle emozioni in generale.

 

L’intento non è di modificare o far modificare la situazione esterna, ma il modo di interpretarla, il modo di porsi nei confronti della realtà con maggiore consapevolezza del proprio funzionamento e della propria unicità. Il percorso, in generale, consente di dare un senso personale e del tutto soggettivo al proprio sentire, pensare e agire che permette di trovare un proprio modo di stare nel mondo cui segue la capacità di agire con intenzione le proprie scelte di vita puntiformi e a lungo termine in una condizione di maggiore benessere psicologico o minore attivazione emotiva.

 

Lo specifico obiettivo nelle sue iniziali e successive riformulazioni rimane il focus primario dell’intervento che può a tratti allontanarvisi per tornarvi comunque in conclusione del percorso. Non è raro che alcune persone, una volta raggiunto l’obiettivo specifico che le ha portate ad intraprendere il percorso, decidano poi di affrontare altre questioni di vita che sentono irrisolte oppure si rendono conto che il percorso ha agito su altre aree di vita e lo prolungano per consolidare i risultati.

Una consulenza psicologica può esserti utile se avverti un problema che ti impedisce di vivere pienamente le tue attività e le tue relazioni. Le difficoltà possono essere legate ad un evento inaspettato, un cambiamento o, più in generale, una condizione di vita insoddisfacente.  Il disagio può manifestarsi sotto forma di depressione, ansia, attacchi di panico, difficoltà a relazionarsi con gli altri (nella coppia, nell’ambiente di lavoro, nelle amicizie, in famiglia), difficoltà a compiere scelte di vita importanti, o in molti altri modi. E’ in questi momenti che può essere utile rivolgersi allo psicologo.

Sì, lo psicologo è tenuto a mantenere il segreto professionale così come è esplicitato nel Codice Deontologico degli Psicologi Italiani.

Le tariffe dello psicologo possono variare a seconda del professionista e del tipo di intervento richiesto. Si ricorda che le spese per prestazioni sanitarie fornite da psicologi sono detraibili dalla dichiarazione dei redditi.

Solitamente è prevista una seduta la settimana. Esclusivamente in caso di grave crisi si può prevedere un intensificarsi della frequenza delle sedute. In fase di chiusura del percorso si tende a diradare la frequenza arrivando ad una seduta ogni 15 giorni.

Un’importante studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che nel 2002 in Italia almeno una persona su cinque abbia sofferto di un disturbo mentale nel corso della sua vita. Quindi possiamo dire che il disagio psicologico è piuttosto comune e diffuso. I disturbi psicologici sono segnali di allarme e rappresentano delle modalità poco funzionali di risolvere un problema sottostante. Rivolgersi ad uno psicologo può aiutare a comprendere l’origine della sofferenza psichica e a trovare delle soluzioni più funzionali per risolverla.

No, probabilmente se fossi pazzo non ti sarebbe neanche venuto in mente di rivolgerti ad uno psicologo. Le persone che si rivolgono ad uno psicologo sono consapevoli dei propri limiti e sanno imparare da essi. Ciò è il principale sintomo di salute mentale.

Lo psicologo è un professionista che ha svolto un lungo periodo di formazione con una relativa esperienza pratica di tirocinio, così come previsto dall’Ordinamento della Professione. Mentre, la figura del counsellor non è regolamentata da nessuna normativa, né per quanto riguarda il percorso formativo, né per la natura dell’attività professionale.

In Italia sono nati numerosi corsi di counselling molto diversi gli uni dagli altri: alcuni di appena qualche giorno, altri anche di diversi anni. E’ inoltre importante ricordare che i counsellor non sono laureati in Psicologia, ma spesso hanno un diploma di scuola superiore o una laurea in materie non attinenti alle professioni psico-sociali.

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